Emergenza virus: tra i ciclisti ha vinto il buonsenso
Le strade sono meno trafficate, le giornate belle e soleggiate, il tempo a disposizione adesso c’è. Ecco allora che per chi ha la bici da corsa nel proprio dna è difficile convincere la propria testa che questi giorni drammatici per il Paese non servono almeno per uscire di più e macinare chilometri. D’altronde i ciclisti si sono abituati a “strapparsi” letteralmente dalla pelle il tempo per andare in bici, gestendo come funamboli i tanti impegni lavorativi e di vita privata. Adesso quindi ci sarebbero tutte le componenti per uscire in bici, tranne una: il buonsenso.
Una questione molto dibattuta
Chi non ama la bici non può capire il senso di questo articolo ma i ciclisti sì. Ecco allora che quando, al mattino di lunedì si è compreso che probabilmente, il dubbio resta a causa di una norma in qualche aspetto forse contraddittoria, non sono più permesse le uscite in bici. Tanti sono stati da subito i ciclisti che si sono dolorosamente detti favorevoli a “mettere in quarantena la propria bici” in attesa di tempi migliori, questo con lo scopo di non creare nessun tipo di problema sanitario con eventuali cadute accidentali. Molti però sono stati anche coloro che cercavano il cavillo nella legge per poter continuare con il loro programma di allenamento.
Come biasimarli? forse nel nostro cuore lo avremmo voluto tutti, non li biasimeremo. Sicuramente non qua. Poi però nelle ore di lunedì e nella giornata di martedì si è iniziato a comprendere maggiormente che ognuno di noi, davvero deve fare la sua parte. Il quotidiano La Stampa ha reso noto che dei ciclisti durante l’allenamento sono stati fermati e rispediti a casa (crediamo e speriamo senza sanzioni) perché non avevano una ragione considerata valida per essere in strada. Sull’argomento è poi intervenuto l’amato CT Davide Cassani, con il piglio di chi sa che può parlare direttamente al cuore di un popolo che lo ama. Questo un estratto delle parole del Commissario Tecnico:
“Sto parlando a quelli come me. A tutti gli amatori, ai cicloturisti: non facciamo cavolate. Gli ospedali cominciano ad avere carenza di ventilatori disponibili. Quindi attenzione. Non bisogna avere nessuna patologia respiratoria, non si devono stressare i polmoni, il virus in questione entra e ti distrugge anche gli alveoli più profondi. […]Punterei a qualche km in meno e a qualche anno in più di vita. Lo so, è un sacrificio, ma lo dobbiamo a noi e a tutte le persone ci sono vicine. E tempo per andare in bici ne avremo tanto, ma ora stiamo a casa. #iorestoacasa”.
La comprensione e il buonsenso
Ecco allora che già da ieri uscendo in strada (per i motivi consentiti) risultava evidente che i ciclisti avevano nuovamente, come sempre risposto positivamente e con intelligenza a questo appello. Strade deserte e prive anche di loro, dell’anima pulsante delle nostre arterie vitali e stradali. Molti i post sui social che annunciavano la decisione dettata dal buonsenso dei ciclisti amatoriali. C’è anche chi ha deciso addirittura di non usare la bici per andare a lavoro, cosa che avrebbe potuto fare utilizzando l’apposita autodichiarazione.
Ce l’abbiamo fatta quindi, il popolo dei ciclisti dice a gran voce: #iorestoacasa. Tutto ciò con la speranza che questo sforzo possa durare per un tempo breve e che l’emergenza passi il prima possibile. Fermo restando ovviamente che i professionisti possono continuare ad allenarsi.
Nel frattempo c’è una condizione da mantenere e noi di Gazzetta del Ciclismo ci siamo permessi di ricordare che purtroppo le soluzioni sono sempre le stesse, quelle che venivano proposte ai tempi in cui esistevano ancora gli inverni rigidi: rulli, sempre con apposito copertone e ciclitte. Oltre a questo abbiamo selezionato alcuni articoli a buon prezzo al momento presenti sul mercato. Probabilmente alcuni commercianti di questi prodotti hanno compreso che questo fosse il momento di proporre dei prezzi competitivi per questi articoli.
Non resta altro da dire che al momento #iorestoacasa e ancora una volta complimenti al popolo dei ciclisti.
Con fatica mi sono convertito ai rulli. Con smartphone e GPS, vedendo il percorso, riesco a pedalare un!oretta, 90 minuti senza annoiarmi eccessivamente. Ho pure scoperto che sui rulli si fatica di più. Ho 76 anni, non posso rischiare né per me, né per gli altri. Aldo