Giro d’Italia tappa 14: Yates risorge, Carapaz in rosa
Senza dubbio la tappa più bella, imprevedibile, spettacolare del Giro e forse una delle più spettacolari degli ultimi anni. Talmente bella che le cose sarebbero così tante da raccontare che non basterebbe una tesi.
Era del resto una tappa attesissima, una tappa tutta seghettata, su e giù per i colli nei dintorni di Torino, con la salita di Superga (di una bellezza mozzafiato, la salita e la Cattedrale) e il successivo strappo del Colle della Maddalena, breve ma brutale .
Pronti via e neanche il tempo di abbassare la bandiera di partenza che – guarda chi ti va in fuga – verrebbe da dire il solito grande Principe Mathieu VDP.
Nessuno lo segue, forse non se l’aspettava, certo pure per un fenomeno come lui non è pensabile una cavalcata solitaria per i circa 150 km della tappa. Questo però dice molto chiaramente che Re Matteo a questo Giro ci è venuto per fare le cose sul serio e sta onorando la nostra corsa come meglio non potrebbe. Onore a lui.
Del resto i primi cinquanta chilometri sono corsi a ritmo folle, vari tentativi di fuga, ma è chiaro che oggi il gruppo non vuole concedere troppa libertà. Infatti la fuga va via solo a circa cento chilometri dal traguardo, con un gruppo relativamente numeroso dove spicca il nostro Diego Rosa, maglia azzurra che Va a prendersi il primo GPM.
Il gruppo è però lì sornione e, ai meno settanta, l’azione che non ti aspetti.
Entrati nei circuito finale, con la doppia scalata a Superga ed alla Maddalena, in testa al gruppo la Bora Hasgrohe, con Aleotti che dà una prima ripassata e Kelderman a dettare il ritmo in favore dei due capitani, Buchmann e Hindley.
Viene fuori uno sparpaglio pazzesco, corridori ai quattro cantoni.
Crollano Valverde e Martin, nella nobiltà di questo Giro, mentre da un po’ ha abbandonato Dumoulin, evidentemente non più quello di qualche anno fa.
Resiste invece, ma soffrendo, la maglia rosa Lopez così come un inaffondabile Almeida: il portoghese è sempre lì che quando la corsa si fa dura cede il passo, ma non affonda mai, rimane sempre li e piano piano, rientra sempre: del resto lui sa di avere il jolly della crono finale tutta a suo favore.
Nel primo passaggio a Superga ed alla Maddalena entrambi perdono terreno ma poi si rifanno sotto in discesa, in un gruppetto dei primi che ormai conta un manipolo di corridori fra cui Carapaz, senza compagni (ma la Ineos non era la squadra più forte?), i tre della Bora (nettamente i più forti, come squadra), e Landa con Bilbao un po’ in difficoltà. E poi i nostri due nonnetti, Nibali e Pozzovivo, a giocarsela con i loro nipotini, dal palmares tutto da costruire.
Nel secondo passaggio a SUperga, scoppiano i fuochi d’artificio. Attacca Hindley, dopo la lunga trenata di Kelderman, rispondono solo Carapaz, Yates ed il nostro Nibali, mentre Landa accusa un pochino mente crolla la maglia rosa, che piano paino perde sempre più terreno, mentre di Martin e Valverde si sono perse le tracce. Del gruppo dei velocisti non si hanno notizie dall’ora del caffè.
Subito dopo è però l’ecuadoriano che ai meno ventotto da una stilettata di quelle che fanno male e sembra involarsi verso la vittoria e la maglia.
Dietro però i giochi di squadra, col duo della Bahrain e della Bora, oltre a Nibali, a spingere all’inseguimento. Il vantaggio di Carapaz non supera mai il mezzo minuto ed infatti all’attacco dell’ultimo passaggio sul Colle della Maddalena, scatta imperisosamente il nostro Vincenzo, seguito da un pimpante Hindley.
I due fanno il vuoto, seguito a breve distanza da un chirurgico Yates che rimane lì a pochi metri.
Hindley piazza poco dopo la sua stoccata ed in un battibaleno si riporta su Carapaz, e la coppia viene raggiunta poco dopo da Nibali ed Yates.
Almeida naviga con un mezzo minuto di ritardo, Niente male.
I quattro scendono da Colle della Maddalena di comune accordo mentre dietro un redivivo Pozzovivo si interpone fra i quattro ed Almeida.
Sullo strappetto del parco torinese che precede l’arrivo lungo il Pò e Yates che scatta, lasciando i suoi tre compagni di avventura sul posto.
Il britannico percorre in solitaria gli ultimi tre quattro chilometri mentre Nibali, Carapaz e Hindley inseguono, di poco seguiti da Pozzovivo, di poco seguito da Almeida.
Vince infine Yates, con una manciata di secondi sulla volata dei tre, vinta da Hindley su Carapaz e Nibali.
Mentre arriva a circa quattro minuti Juanpe Lopez che perde, con onore, la sua rosa tunica.
Per gli altri, ritardi da contare con la clessidra.
Alla fine, in classifica generale, il vincitore del Giro ’19 conta pochi secondi su Hindley e mezzo minuto su Almeida (occhio a lui), mentre l’ex maglia rosa scivola al nono posto coi nostri due anzianotti al quinto (Pozzovivo) e ottavo posto (Nibali). Bella notizia ma anche brutta: il nostro movimento sembra mancare di degni eredi.
Valverde, decimo, naviga a quasi dieci minuti. Questo la dice lunga sulla selettività del Giro e sulla bellezza di questa tappa.
Ma il Giro è lungo. Carapaz è sempre il favorito, sembra il più solido, ma non pare imbattibile. Speriamo di vedere ancora tappe così.
Buon Giro a tutti.