Il gusto della vittoria: le imprese di Pogacar

Qual è il sapore vero della vittoria? Quello che ripaga dei sacrifici di una vita sportiva e che arriva proprio all’ultima occasione? Quello di chi ama la propria famiglia e le proprie radici e che lotta per il loro onore oltre ogni limite? Quello che ritorna dopo aver vinto tutto, forse troppo, ed averlo dimenticato dopo 4 anni di quasi anonimato?

Quello di chi da giovane corre libero da ogni pensiero e schema e dà tutto sulla strada? Quello di chi con la maglia gialla non si ferma, anzi attacca, per onorare e celebrare i colori che indossa sui palcoscenici più affascinanti?

La vittoria può avere tanti sapori e tante emozioni, e questo Tour, che sta per concludersi, ce le ha regalate tutte. Abbiamo assistito al trionfo di tanti attaccanti di giornata, giovani e meno, che hanno colto vittorie emozionanti prima di sciogliersi in pianti fragorosi con lacrime piene di sacrifici di chi spesso ha condotto una carriera da gregario.

Abbiamo visto il talento di Julian che da campione del mondo ha indossato ancora una volta il giallo facendo emozionare ancora i francesi, da troppo tempo orfani di grandi corridori. Abbiamo assistito al coraggio misto al talento di Van der Poel che vincendo sospinto dal ricordo del nonno Poulidor ha difeso con onore la maglia conquistata sul Mur de Bretagne. Abbiamo visto e rivisto gli sprint di Cavendish che come in una macchina del tempo è tornato ai fasti di 5 anni fa. Vittorie che hanno un peso enorme anche dal punto storico che lo avvicinano, con le dovute proporzioni al mito assoluto di Mercx.

Vincere come nessun altro

Infine…c’è il piccolo Principe che ha restituito a tutti la dimensione più pura e completa della vittoria. Una vittoria che va oltre il risultato, quello sembra già ottenuto da tempo, perché unisce la capacità di emozionare chi assiste al gesto e all’impresa sportiva. Una vittoria che riunisce talento, forza, coraggio conditi con estro e buona dose di spettacolarità. Vince sempre lui, vince solo lui e vince come in pochi nella storia di questo sport sono riusciti finora. Le sue vittorie di tappa al Tour adesso sono 6 (e scriviamo prima della cronometro di sabato) ad appena 22 anni, oltre alla CG del 2020.

Cifre e numeri però non rendono giustizia alla dimensione totale che Tadej ha raggiunto in questa stagione e in particolare in questo Tour. Talento smisurato capace di competere in qualunque condizione e su qualunque percorso uniti a intelligenza tattica hanno plasmato un corridore quasi perfetto capace di trionfare sia a cronometro, che in classiche di un giorno che in grandi corse a tappe. Le sue ultime vittorie sui Pirenei sono state certamente le più dure ma anche le più affascinanti. Appena 2 giorni fa ha pienamente compreso cosa significa vincere indossando la maglia gialla.

Una maglia che da’ una forza smisurata ma che pensa sulle spalle di chi la veste. Il senso di responsabilità che ne scaturisce è grande e in tanti sono rimasti schiacciati dal suo peso (vedi Roglic 2020). Tadej invece ha saputo vestirla con la leggerezza dei suoi vent’anni, lasciare che divenisse una seconda pelle, che entrasse dentro di lui a dargli ancor più forza e grinta. Gli arrivi in salita sui Pirenei sono diventati per lui il palcoscenico ideale per dimostrare ancora di più a se stesso, prima che agli altri, che non ha ancora raggiunto il suo limite.

Condivido la sua scelta di voler vincere in queste ultime tappe, pur non negando che anche l’ottimo Vingegaard meritasse un successo.. Una vittoria ha tanto più valore quanto è più forte l’avversario che hai sconfitto. Ci sono tappe, cime e giorni in cui la vera cavalleria sta nel dare tutto sul campo rispettando così il valore e l’impegno del proprio avversario, non c’è bisogno di regalare le vittorie agli altri, quello sarebbe solo un gesto quasi di superbia e arroganza (vedi Armstrong).

Dopo anni di falso buonismo il pubblico vuol vedere proprio questo uno scontro aperto tra i più forti in gara e disputato al massimo delle forze da tutti i contendenti. Sono queste le condizioni che rendono ancor più grande e piena la vittoria. Adesso Tadej sa che può osare ancora di più, che non ha raggiunto ancora il suo limite, che potrà andare ancora oltre perché nessuno finora è riuscito a batterlo. Anche Jonas Vingegaard uscirà più forte e motivato da queste sconfitte, saprà che dovrà dare ancora di più per riuscire a vincere, ma quando quel momento arriverà anche per lui, perché sicuramente arriverà considerata la forza e il talento dimostrati, allora anche per lui la vittoria avrà un sapore unico e irripetibile.

Abbiamo visto anche il coraggio di chi da solo, come Wout, ha avuto l’ardore di sfidare la maestà del Mont Ventoux un’impresa che rievoca antiche memorie di uno sport capace di evolversi nei mezzi e nella tecnica ma restare sempre fedele a se stesso nei valori umani.

Vincenzo Davide Catania

Vincenzo Davide Catania ha 35 anni e vive tra i ridenti colli di Bologna dove lavora come Chirurgo Pediatra presso l’Ospedale Sant’Orsola. Sposato con una donna meravigliosa che gli ha regalato 2 piccoli angeli, Giulia ed Emanuela. La passione per il ciclismo riemerge nei ricordi adolescenziali delle epiche imprese del Pirata, delle roboanti vittorie di Cipollini e Petacchi e delle imprese, nelle fredde terre del Nord, di Bartoli. Passista per natura e vocazione, nel poco tempo libero, spesso rubato al sonno alle prime luci dell’alba, coltiva la propria passione per la bici in una sfida costante con se stesso nella scoperta di nuovi e stimolanti percorsi che lo riportino ad un contatto puro con la natura delle montagne e del bosco.

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