L’organizzazione del primo Giro d’Italia
Il 5 agosto 1908 Angelo Gatti, patron dell’Atala, si presenta nella sede della Gazzetta dello Sport. Ha una notizia bomba: Il Corriere della Sera, con il Touring Club Italiano e la Bianchi vuole organizzare il Giro ciclistico d’Italia. Il caporedattore che raccoglie l’indiscrezione, Tullo Morgagni, non perde tempo e decide di rivendicare il ruolo della Gazzetta come primo giornale sportivo della nazione. Infatti il giornale con le pagine rosa aveva già lanciato il Giro di Lombardia e la Milano-Sanremo. Così fa partire due telegrammi identici. Uno lo invia a Venezia, dove Armando Cougnet, amministratore e numero uno del ciclismo, è in viaggio di piacere con la moglie. Un altro a Mondovì, dove Costamagna, il direttore del giornale, è in vacanza. Il testo rimarrà nella storia: “Improrogabili necessità obbligano Gazzetta lanciare subito Giro d’Italia. Ritorna a Milano. Tullo“.
Un progetto ambizioso
Il giorno dopo Morgagni, Cougnet e Costamagna si ritrovano a Milano. Bisogna bruciare il Corriere sul tempo, quasi fosse una volata. Così approntano un percorso e il 24 agosto (meno di tre settimane dopo la soffiata di Gatti) la Gazzetta dà l’annuncio in prima pagina. “Il Giro d’Italia – organizzato dalla Gazzetta dello Sport – 3000 chilometri – 25.000 lire di premi“. L’annuncio però rischia di rimanere solo un ottimo proposito e di non realizzarsi. Infatti per il momento si tratta solo di un progetto su carta. Non c’è il regolamento. L’itinerario è solo approssimativo. Soprattutto: non ci sono i soldi. I tre si rendono conto che organizzare il Giro non è facile, tanto che il 4 settembre con un breve articolo, intitolato Una tregua di riserbo, avvertono che “per ora interrompiamo sulle nostre colonne di trattare del Giro d’Italia”.
Entra in scena il ragioniere
Proprio quando il progetto sembra sfumare, entra in scena un personaggio fondamentale in questa storia: Primo Bongrani. Un ragioniere. Precisamente ragioniere presso la Cassa di Risparmio. Ma definirlo così sarebbe riduttivo. Bongrani è un factotum e ha rapporti stretti con la redazione della Gazzetta. Infatti era stato lui a raccontare, dalle colonne del giornale sportivo, l’impresa di Dorando Pietri alla maratona delle Olimpiadi di Londra. Il ragioniere si prende un mese di ferie e comincia a cercare finanziamenti. Oggi lo chiameremo un genio del crowdfunding. Riesce a racimolare somme da aziende e imprenditori (1.000 lire da Lancia, 1.000 lire dal Casinò di Sanremo, 500 lire dalla Ditta Fabbre, ecc.). Addirittura strappa al Corriere della Sera, scippato dell’idea, 3.000 lire come premio al vincitore.
Il percorso del primo Giro d’Italia
Grazie alle somme reperite da Bongrani il Giro d’Italia può partire. Vengono annunciate nove tappe. Ne salterà poi una, quando, per difficoltà doganali, la Genova-Nizza e la Nizza-Torino, verranno fuse nella Genova-Torino che non valica il confine. Il percorso misura 2448 chilometri. Per esplorarlo, la Gazzetta invia il pilota Felice Nazzaro che lo percorre con una Fiat da 70 cavalli.
Le iscrizioni al primo Giro d’Italia
La tassa di iscrizione è di 5 lire per i professionisti e 10 lire per i dilettanti. Il primo iscritto è Felice Peli, un bresciano. La prima squadra è la Rudge Whitworth che annovera nel suo organico Galetti, Cuniolo e Azzini. Si corre solo di domenica, martedì e giovedì. Questo perché La Gazzetta dello Sport esce di lunedì, mercoledì e venerdì e può, così, pubblicare i resoconti delle tappe. Gli iscritti sono 166, di cui 21 stranieri, ma al via si presenteranno solo 127 corridori, di cui 5 stranieri: i francesi Petit-Breton, Trousselier, Pottier e Ducaup e il triestino (siamo nel 1909 e Trieste è ancora austroungarica) Henry Heller.