Virus, polemiche e ritiri: bilancio della seconda settimana di Giro
Si è chiusa la seconda settimana del Giro d’autunno. Dopo i ritiri eccellenti della prima settimana, principalmente causa cadute, e dopo l’equilibrio tecnico-tattico fra i favoriti in gara, con distacchi minimi e allunghi solo nelle ultime decine di metri, quella che si è appena conclusa è stata la settimana della grandi polemiche sulla sicurezza dei corridori, sulle presunte mancanze organizzative, sui (soliti) confronti col Tour, ma anche una settimana che tecnicamente ha detto molto in ottica vittoria finale.
Le grandi polemcihe purtroppo, si sono scatenate a causa delle altre positività rilevate in corsa. Con il ritiro (un altro) eccellente, quello di Kruijswijk, altro candidato alla vittoria finale appiedato dal virus. La sua squadra si è ritirata in blocco (assumendo una decisione che tanto può far discutere anche perché non ha tradito un grande rispetto per il Giro: fossero stati al Tour sfido che i corridori negativi sarebbero rimasti in corsa).
L’attenzione mediatica crescente sul Giro
Ha poi fatto seguito, in un crescendo mediatico, la lettera dell’EF che ha chiesto (ovviamente rigettata) all’UCI lo stop della corsa a causa delle positività riscontrate fra il personale di alcuni team. Anche qui, la lettera non ha tradito un grande rispetto per la corsa, ma bisogna andare a capirne i motivi per valutare ragioni e torti
Neppure sono mancate le polemiche scatenate da alcuni commenti di alcuni corridori (uno fra tutti, De Gendt) sulla presunta insicurezza al Giro rispetto al Tour. Si tratta di opinioni, spesso poi ritrattate in questi giorni, che però vanno valutare attentamente, prima di gridare allo scandalo.
Continuo a pensare che l’organizzazione del Giro abbia fatto e faccia, in linea generale, assai più che ASO al Tour. Basti vedere il manto delle strade della corsa (perfetto in tutto il percorso) o la segnaletica in corsa (bellissima l’idea dei segnalatori luminosi delle curve o degli spartitraffico). Sono accorgimenti che denotano interesse, organizzazione e grandi capacità.
Resta il fatto però che il covid ha colpito il Giro mentre al Tour questo non è successo. E’ un dato oggettivo, indiscutibile, e non può essere catalogato a fattori esogeni quali sfortuna e fortuna.
Un possibile giudizio?
E’ certo difficile giudicare una situazione senza conoscerne a fondo i dettagli. I giudizi rischiano di essere parziali, non approfonditi, frettolosi. Quindi non ci si può lanciare in sentenze facili. tuttavia, rimane il fatto che anche chi non è dentro la carovana ha il diritto di formarsi una opinione, forse giusta, forse sbagliata, sulla base di ciò che legge o vede in televisione. E allora, la lettura delle dichiarazioni degli interessati (se la stampa ha riportato bene) dimostra che la bolla del Tour forse era davvero una bolla, mentre quella del Giro sarebbe stata più permeabile.
Se è vero che i buffet delle squadre erano aperti anche agli esterni, questo sarebbe certamente una falla organizzativa. Se una bolla è tale, non deve permettere scambi con chi non ne fa parte. La flessibilità o le eccezioni alla regola, non dovrebbero essere ammissibili. E se diverse squadre hanno lamentato questa permeabilità, è ragionevole pensare che questa permeabilità ci sia stata.
Non eravamo lì per giudicare in prima persona, tuttavia, aldilà dei commenti dei corridori assurti alle cronache, rimane il fatto che agli arrivi delle tappe, e di questo invece siamo testimoni oculari, forse troppe erano (e sono) le persone ad avvicinarsi ai corridori, fra abbracci, sorrisi e quant’altro. In generale, l’impressione rimandata dalla TV, a momenti, è stata quella di una non eccessiva lontananza dei corridori da terzi soggetti, all’esito delle tappe. Forse è solo una impressione, però le positività ci sono state, e questo non è discutibile.
Certo, lo dico anche ai corridori che magari si sono lamentati, la tutela dal virus non può essere una pretesa verso gli organizzatori, ma deve anche accompagnarsi alle responsabilità individuali. Come ho visto troppe persone non meglio precisate vicino ai corridori alla fine delle tappe, così talvolta ho intravisto alcuni corridori approcciarsi ai giornalisti senza mascherina. Le responsabilità non sono mai da un parte sola.
La situazione in corsa
In generale, rimane la spiacevole impressione che appena qualcosa vada storto al Giro si dia la colpa alla organizzazione, mentre quando qualcosa va storto al Tour, la grandeur della corsa elimina in radice ogni polemica.
Vediamo se l’odierno secondo giro di tamponi ufficiali, quali esiti fornirà. Sul piano tecnico, questa settimana ha segnato divari fra i favoriti rimasti, per certo maggiori rispetto alla prima. Fra la crono del prosecco e l’arrivo di Piancavallo, i distacchi ci sono stati e la classifica si è dilatata. Sugli scudi la Sunweb i suoi leaders, mentre il portoghesino in maglia rosa – che pure sembra destinato a perdere nella terza settimana – intanto è ancora lì e non tutti, confesso me per primo, l’avevano previsto.
E’ girata peggio a campioni nostrani, con Nibali e Pozzovivo che hanno preso due begli schiaffi sia a Valdobbiadene che a Piancavallo. Mi pare che il trend di quest’anno veda giovani ventenni assai agguerriti e pronti, mentre sembra finito il tempo delgi ultrantrentenni. E’ successo al Tour, sia sta ripetendo al Giro.
Attenzione però ad un vecchio volpone come Nibali. Fossi uno dei primi, di lui non mi fiderei comunque. Un’idea di come finirà ce l’ho, ma non voglio svelarla. Prometto però che ne darò sinceramente conto fra sette giorni.
Buona terza settimana.